Giovanni Riccioli si è spento a Roma il 29 agosto 2010 dopo una breve malattia.
Nato a Siracusa, cresciuto a Tripoli, si era laureato a Roma con Macchia. In un primo momento questo giovane brillante sembrava piuttosto attirato dall’azione politica, dal giornalismo e dal mondo dell’editoria (una collaborazione alla Mondadori lo portò a Milano).
Ma il severo richiamo all’ordine di Luigi De Nardis che aveva avuto modo di apprezzare le qualità di questo giovane promettente, e la proficua esperienza di assistente d’italiano all’Università di Grenoble riportano Giovanni Riccioli nel solco degli studi di letteratura francese, nella prospettiva di una carriera universitaria tutta da costruire
Grenoble: una tappa importante che Giovanni evocava con un misto di nostalgia ed entusiasmo. A Grenoble conobbe la futura moglie, madre dei figli Laura e Luca. E gli amici ricordano ancora oggi gli appassionati dibattiti che nascevano in occasione dei ciné-club che Giovanni organizzava.
Incaricato a Pescara e a Chieti, fa il pendolare a Messina, vince il concorso ad ordinario, poi viene chiamato a Perugia alla Facoltà di Magistero dove rimane fino alla fine della carriera.
Quattro libri e vari saggi segnano il percorso critico di Giovanni.
Nel ’67, L’Ambizione, la morte nell’Adolphe di Benjamin Constant (Padova, Liviana), e L’esprit di Mme de Charrière (Bari, Adriatica editrice), rimasto a lungo il testo di riferimento su questa scrittrice allora poco indagata.
Nell’80, “Bonheur” e società – Saggio su Samuel de Constant (Bari, Adriatica).
E infine nel ’98, Lucien Leuwen e l’avventura dell’Io (Napoli, Edizioni scientifiche italiane) con il quale Giovanni Riccioli conclude la sua carriera di studioso e di docente. Infatti aveva dedicato i suoi ultimi corsi al romanzo incompiuto di Stendhal. E, in questo volume, che allora era l’unica monografia esistente su Leuwen, possiamo sentire l’inflessione della voce persuasiva di Giovanni. La sua Indagine su un personaggio stendhaliano come recita il sottotitolo procede per tentativi, approssimazioni, operando ripetuti sondaggi nelle pieghe del testo, alla ricerca di indizi, di conferme, muovendosi contemporaneamente su vari piani: psicologico, sociologico e politico.
Gli interessi di Giovanni non l’hanno portato ad indagare solo il Settecento e l’Ottocento, bisogna anche ricordare i suoi contributi su Malraux e su Nizan per I contemporanei della Luccarini (1976).
Schietto e riservato, poco propenso a frequentare gli ambienti accademici, Giovanni dedicava gran parte del suo tempo agli amici. Vale la pena far qualche nome per dare un’idea dei suoi interessi: Valentino Parlato, Mino Argentieri, Nino Caruso, Giorgio Battistelli, Francis Darbousset... Con gli amici Giovanni coltivava con una passione viva e generosa l’arte della conversazione. E’ proprio nel nome di questa amicizia che evoco oggi il ricordo del collega.
Hélène de Jacquelot