Arnaldo Pizzorusso

Arnaldo Pizzorusso, nato a Bagni di Lucca nel 1923 e spentosi nel marzo scorso a Firenze, era il decano dei francesisti italiani. La nostra Società gli deve essere profondamente grata, in quanto l’ha presieduta (succedendo al suo primo Presidente, Carlo Pellegrini) dal 1971 al 1976 e, quello che più conta, lo ha fatto con obiettività, con distacco, con signorile discrezione. Giustamente, quindi, uno dei suoi allievi, Carlo Ossola, in una bella commemorazione, parla della «sua esemplare testimonianza dell’”agere cum dignitate”, sempre, in ogni istante della sua vita assunta come una responsabilità continua.» La nostra Società ha d’altronde manifestato la sua sincera riconoscenza nei riguardi di Arnaldo Pizzorusso, e il suo vivo apprezzamento per le ricerche da lui condotte, attribuendogli nel 2000 (in collaborazione con il Comune di Saint-Vincent e l’Assessorato all’Istruzione e alla Cultura della Regione Autonoma della Valle d’Aosta) il premio di Francesistica-Terme di Saint-Vincent per il volume Principi e occasioni della scrittura, pubblicato a Bologna nel 1999 per i tipi del Mulino.
Arnaldo Pizzorusso ha studiato a Pisa, dove è stato allievo di Giovanni Macchia. Ha insegnato nelle Università di Cagliari (dal 1949 al 1953), di Pisa (dal 1953 al 1965), di Firenze (dal 1965 al 1998) e, come «Visiting Professor» nelle Università di Paris IV-Sorbonne e negli Atenei di Yale e di Chicago. È stato «Honorary Member» della «Modern Linguage Association of America», dottore «Honoris Causa» delle Università di Chicago e di Reims, Socio Nazionale dell’Accademia dei Lincei, Socio ordinario dell’Accademia toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, membro d’onore della «Société d’Histoire Littéraire de la France». Era inoltre «Chevalier» nell’Ordine Nazione della Legion d’Onore, «Officier» nell’«Ordre des Palmes Académiques» e, naturalmente, professore emerito. Parecchi francesisti devono inoltre essergli grati di aver pubblicato i loro lavori sia nella collana «Saggi critici», di cui è stato condirettore dal 1975, sia nella «Rivista di Letterature Moderne e Comparate», di cui è stato condirettore dal 1988, e poi direttore dal 1995.
È estremamente arduo tracciare un succinto quadro dell’attività scientifica di Arnaldo Pizzorusso, nella misura in cui i numerosi lavori che ha portato a termine spaziano in un lungo lasso di tempo, vale a dire riguardano figure e problemi della letteratura francese dal Cinquecento ai giorni nostri, anche se va detto che il Seicento e il Settecento sono, senza possibile dubbio, i secoli che ha maggiormente frequentato. Ci pare, nondimeno, che si possono in ultima analisi ravvisare i seguenti tratti distintivi nella produzione dello studioso di cui stiamo cercando di disegnare il profilo:
Arnaldo Pizzorusso, come è stato giustamente scritto, ha sempre coltivato il genere del saggio, della lettura analitica di un testo, del sondaggio puntuale, piuttosto che la ricostruzione generale, l’analisi, insomma, piuttosto che la sintesi. Inoltre, anche se ha spesso studiato quelli che potremmo chiamare i «grandi autori», ha frequentemente rivolto la sua attenzione ai minori (specie del Seicento e del Settecento), nella convinzione – assolutamente fondata – che lo spirito di un’epoca si riveli meglio negli scrittori non di primissimo piano, dato che questi ultimi rispecchiano generalmente assai bene quella che, in un determinato periodo storico, è stata la norma. In terzo luogo, benché Arnaldo Pizzorusso abbia affrontato, come s’è detto, molteplici figure e problemi della letteratura francese, due interessi, a nostro giudizio nettamente prevalenti, percorrono la sua intera produzione: quello per la teoria della letteratura e quello per il genere autobiografico. Vi è, d’altronde, nei lavori del nostro critico, un forte nesso fra questi due poli di interesse, e lo si ricava agevolmente dalla lettura dei suoi Quaderni di studio, ai quali ha lavorato sin dal 1975. Nel corso della sua intera esistenza, Arnaldo Pizzorusso si è infatti interrogato sui meccanismi della creazione letteraria, e vien fatto qui di pensare a una bella pagina di uno dei suoi ultimi libri Éléments d’une poétique littéraire au XVIIe siècle, pubblicato dalle «Presses Universitaires de France» nel 1992, e ripreso in italiano nello stesso anno, per i tipi del Mulino, con il titolo Quel piccolo cerchio di parole. Elementi di una poetica letteraria nel Seicento francese. In tale libro, Arnaldo Pizzorusso cita un passo di una lettera a Chapelain di Guez de Balzac, in cui quest’ultimo si chiede se abbia veramente un senso darsi così tanto da fare per costruire «un petit cercle de paroles»:
 
Est-il possibile, Monsieur, que nous travaillions à la structure, et à la cadence d’une période, comme s’il y allait de notre vie, et de notre salut; comme si dans ce petit cercle de paroles, nous devions trouver le souverain bien, et la dernière félicité ? (J. – L. Guez de Balzac, Les Entretiens, éd. B. Beugnot, t. I, Paris, 1972, p. 247).
 
Una risposta a questa domanda si ha, osserva finemente Arnaldo Pizzorusso, in una missiva di Costar a Guez de Balzac, in cui Costar afferma che l’amore per la letteratura lo ha guarito da altre passioni, e gli ha inoltre sempre procurato un piacere impareggiabile:
 
La passion des lettres est celle qui règne en mon âme, et qui me défend de la tyrannie des autres ; et vos ouvrages sont les seuls objets capables de la remplir. En quelque état que je me trouve, ils me font heureux, et tant que je les lis je n’ai hors de là ni désirs ni craintes, et j’oublie qu’il y ait d’autres plaisirs dans le monde […] (In Guez de Balzac, Les Œuvres[…], t. I, Paris, 1665, p. 626).
 
Penso che Arnaldo Pizzorusso, nel citare questi suggestivi passi, ci parlasse, in ultima analisi, anche un po’ di se stesso.
 
Giorgetto GIORGI