Brunella Eruli

L’8 agosto scorso, solo pochi mesi dopo la scomparsa di Arnaldo Pizzorusso, che è stato per lei un maestro generoso, Brunella Eruli si è spenta, a 69 anni.
Ha insegnato a Pisa, a Firenze, a Salerno, poi all'Università per Stranieri di Siena. Si è occupata di autori di fine Ottocento e soprattutto del Novecento: Huysmans, Aurier, Kahn, Schwob, Queneau, Perec, Genet, gli antecedenti francesi del Futurismo italiano, le cosidette avanguardie storiche; ricordiamo il suo Jarry, i mostri dell’immagine (Pisa, Pacini, 1982) e il suo Dal futurismo alla patafisica. Percorsi dell'avanguardia (Pisa, Pacini, 1994). Ha anche tradotto il romanzo Messalina di Alfred Jarry, così come ha tradotto i drammi del belga René Kaliski.
Ciò che soprattutto l’ha sempre appassionata, è il teatro, il teatro rappresentato, con tutto il suo armamentario plastico: l’immagine, gli oggetti, le maschere, le marionette. Alcuni titoli di suoi saggi sono rivelatori: Huysmans al circo: Pierrot sceptique; Il dittatore al circo: Le cirque solaire di Gustave Kahn; Gli oggetti idioti: Da Roussel a Duchamp; Wielopole-Wielopole, Les Voies de la Création théâtrale (su Kantor);L'attore disincarnato. Avanguardia e marionette. Questa prospettiva, che è anche il filo conduttore del suo volume L'obiettivo e la parola (Pisa, ETS, 1995) sulla questione della rappresentazione della parola in relazione alla materialità degli oggetti, è approdata naturalmente alla fondazione della rivista Puck, la Marionnette et les autres arts, di cui Brunella era redattrice capo dalla fondazione (1987) e alla quale ha dedicato le sue energie per più di vent’anni, con il concorso dell’Institut international de la Marionnette di Charleville Mézières: molto belli i numeri dedicati alle Marionnettes en Afrique, au cinéma, dans l’opéra, o ancora, in una prospettiva antropologica, il numero Les marionnettes et le mythe; sotto il patrocinio dell’Union Internationale de la Marionnette, ha ancora recentemente collaborato all’l'Encyclopédie des arts de la Marionnette.
Raccontato così, anche se troppo succintamente, il percorso di Brunella, dagli studi sulla letteratura fin de siècle alle avanguardie e fino al teatro nei suoi aspetti più plastici, potrebbe delinearsi come un allargamento di prospettiva, dal testo all’immagine e al gesto. Non mi pare però che sia esattamente così: perché, a ben guardare, non è l’oggetto degli studi di Brunella che si è allargato, ma questo percorso è stato dettato proprio dal suo sguardo, dalla sua prospettiva su una letteratura che non vedeva legata al testo fatto solo di parole, e tanto meno solo di parole scritte.
Non è un caso che Brunella sia stata attratta dalla “patafisica” di Jarry e che abbia subito aderito all’OPLEPO, Opificio di letteratura potenziale (1985), la gemella italiana dell’OULIPO, che ha conosciuto una stagione italiana (basti ricordare Calvino, ma anche Ruggero Campagnoli). Nel 1991, curato dal Brunella Eruli, si svolge a Firenze il convegno Attenzione al potenziale! Il gioco della letteratura (ed. Nardi, 1994), con una folta rappresentanza oulipiana e oplepiana.
Patafisica e Oulipo avevano almeno in comune di rivendicare uno sguardo diverso sulla creazione, non senza la contraddizione di formalizzare il loro programma dissacrante in manifesti: ma in fondo, lì, la forma è anche sostanza, e accademie, società, manifesti patafisici o oplepiani sono prima di tutto una ironica dichiarazione di metodologia, che Brunella faceva sua. Nella presentazione sulla quarta di copertina del suo Jarry, i mostri dell'immagine, la biografia scientifica di Brunella è la seguente: “Brunella Eruli, auditore del Collège de Pataphysique, membro della Société des amis d'Alfred Jarry e della Société des amis de Valentin Brû, redattrice della "Rivista di Letterature moderne e comparate", insegna letteratura francese all'università di Pisa” (1982). Ciò che questo significasse per Brunella era chiaro. Nel suo saggio sulla Letteratura patafisica: scherzo, ironia e significato profondo, Brunella scrive:
 
L’universo della letteratura patafisica affascina il lettore al quale procura piacere proporzionali alla sua ignoranza, cioè al suo sapere di non sapere, che è poi la forma di conoscenza più raffinata. Questi piacere dell’immaginazione sono legati alla disponibilità del lettore a seguire le spirali di un itinerario compiuto in compagnia di guide ironiche e indulgenti. (...)
Sbarazzati dello spazio e del tempo, i patafisici dialogano simultaneamente con i contemporanei e con i patacessori, cioè i predecessori, volontari o involontari, della loro scienza. Di essi il più grande è Rabelais. Questa singolare comunità – che non è tale, perché l’unica regola praticata è di non accettarne nessuna – vive in una abbazia di Thélème del tutto mentale (...). [in Dal futurismo alla patafisica, Pisa, Pacini, 1994, pp. 287-288].
 
Ho spesso discusso di queste cose con Brunella, convinta come sono che per capire qualcosa della letteratura del passato non ci si può sbarazzare dello spazio e del tempo, né dialogare simultaneamente con i contemporanei e con i patacessori. Ma se è vero che (cito ancora Brunella, a conclusione dello stesso articolo) «la patafisica permette di trovare (o forse semplicemente di cercare) uno spazio di quiete fra le angustie della ragione e il gran guazzabuglio del cuore», allora diventa evidente che prospettive inconciliabili possono certo essere complementari.
Quanto al futuro, Brunella scriveva:
 
Alcuni degli esponenti più prestigiosi [del collegio di patafisica] sono morti; ma per persone tanto vitali, la morte non può essere che un provvisorio attimo di distrazione.
 
Cara Brunella, devi sapere quanto ci dispiace che tu ti sia distratta. Ma è stato solo un attimo provvisorio.
 

Anne SCHOYSMAN