Il 23 giugno 2013 ci ha lasciato Raymond Trousson, professore emerito dell’Université Libre de Bruxelles e membro dell’Académie Royale de Langue et de Littérature française de Belgique dal 1979, da quando successe a Emilie Noulet.
Allievo di Roland Mortier, ricercatore raffinato, attento, poliedrico, per decenni ha guidato la ricerca di tantissimi giovani e non solo in Belgio. È scomparso uno dei migliori studiosi del XVIII secolo, ma anche uno dei ricercatori più efficaci, rapidi e profondi al tempo stesso che io abbia conosciuto : su quaderni dal fascino ancora ottocentesco, le frasi uscivano dalla sua penna senza una correzione; ogni parola scritta era definitiva; il libro, l’articolo prendevano forma col formarsi del pensiero. Con una scrittura piccola, precisa, dava vita a parole, pensieri, analisi senza ripensamenti e senza stanchezza apparente. Ci ha lasciato così una bibliografia importante e ponderosa : 35 monografie e un numero altissimo di opere miscellanee, edizioni critiche in ambiti anche molto diversi.
Se il XVIII secolo e i lavori su Rousseau, Voltaire, Diderot, avevano finito per prendere lo spazio maggiore nei suoi interessi, il suo sguardo si era poggiato anche su scrittori meno conosciuti e studiati come Antoine-Vincent Arnault, Jean-Guillaume Viennet o Chastenai. Forse pochi conoscono la sua traduzione in francese di L’anno 3000 di Paolo Mantegazza, pubblicata nel 2003 presso l’Harmattan.
Raymond Trousson aveva anche dedicato grande energia allo studio e alla diffusione della letteratura belga; numerose le discussioni che non ci vedevano d’accordo sulla definizione da dare a questi scrittori, per lui comunque appartenenti alla letteratura francese. Gli dobbiamo la pubblicazioni di inediti, studi monografici di grande rilevanza su Maeterlinck, De Coster, Destrée, Van Lerberghe o su “La Jeune Belgique”. È stato attivo al Consiglio di Amministrazione degli Archives & Musée de la Littérature di Bruxelles, nella varie Commissioni e riviste che hanno segnato la vita letteraria in Belgio negli ultimi quaranta anni.
Era molto legato anche alla Svizzera, dove ha lavorato con Michel Slatkine, amico di sempre, con cui aveva creato un sodalizio importante. Anche con Bologna aveva anche un legame stretto e costante; non solo con il Centro Belga, ma anche con il “Centro dell’Utopia”, dove si studiava un tema a lui particolarmente caro e che forse sollecitava anche un suo sguardo alla vita. Aveva detto recentemente, rispondendo alla domanda “Vous pensez à la mort?” : “Pas à ma propre mort. Mais lorsque je marche dans les neiges et dans les régions désolées – et j'ai coutume de faire mon pèlerinage dans les montagnes ou dans le nord – je pense beaucoup à la nuit de ce monde – à l'époque où notre soleil sera rouge et terne, où l'air et l'eau seront soudés par le gel en un champ de neige commun, là où maintenant les forêts tropicales exhalent leur vapeur... Je pense beaucoup à cela, et je me demande si c'est vraiment la volonté de Dieu que notre espèce disparaisse, que les villes que nous avons bâties, les livres que nous avons écrits, tous les objets auxquels nous avons donné forme et substance, restent sans vie sous les neiges ».
L’utopia era il luogo di compensazione, l’« attendrissement nostalgique » perché : “À (…) l'histoire telle qu'elle s'est développée, elle substitue une histoire de rechange, alternative, susceptible de compenser la fable de la chute, tente de conférer à l'aventure humaine une finalité terrestre et témoigne d'une conscience sociologique en éveil, née d'un sentiment tragique de l'histoire et du désir d'en diriger le cours ».
Così forse è questo quello che Raymond Trousson ha voluto lasciarci : storie alternative che possano dare all’avventura umana una finalità terrestre, una coscienza viva, esprimendo al contempo una volontà di essere parte attiva di tutto ciò. Coscienza e volontà di cui Raymond è stato testimonianza per tutti coloro che lo hanno conosciuto.
Anna Paola Soncini