Ricordo di Massimo Colesanti
Vorrei condividere questo ricordo con Anna Maria Scaiola, Hélène de Jacquelot e con gli altri numerosi allievi assenti o presenti in questa sala.
Massimo Colesanti ci ha lasciato quasi un anno fa, il 19 novembre 2016, e con lui è scomparso uno degli ultimi esponenti di una generazione vivace e numerosa di grandi francesisti italiani. Generazione che i più anziani tra noi ricordano molto bene. Così come molti conoscono il lungo percorso accademico e scientifico di Massimo Colesanti.
Allievo di Pietro Paolo Trompeo, collaboratore di Giovanni Macchia, Massimo Colesanti ha insegnato prima all’Università di Macerata, poi, dal 1971, alla Sapienza dove è stato direttore dell’Istituto di Studi Francesi, da lui fondato, e ha insegnato fino al pensionamento terminando la sua carriera con la nomina a professore emerito.
La sua indiscussa autorità è testimoniata dalla ricca produzione scientifica, dall’impegno istituzionale, dalla serietà nella formazione di generazioni di studenti e di ricercatori.
Gli interessi scientifici di Massimo Colesanti sono caratterizzati da una curiosità che spaziava negli ambiti più diversi, malgrado la sua assoluta predilezione per Stendhal.
Inutile ricordare qui i numerosi studi che ha dedicato a questo autore: saggi, edizioni, atti di convegni, mostre. La sua bibliografia è vastissima e si allarga da Stendhal ad altri scrittori dell’Ottocento: Nerval, Balzac, Flaubert, Sainte-Beuve, Michelet, Verlaine et Baudelaire.
A proposito di quest’ultimo possiamo menzionare il ciclo di conferenze “Un sonetto di Baudelaire” che Colesanti organizzò alla Fondzione Primoli, e anche, naturalmente, la sua edizione commentata delle Fleurs du mal, ripetutamente pubblicata da Newton Compton.
Ma a dimostrazione che Baudelaire veniva subito dopo Stendhal negli interessi di Massimo Colesanti, basta considerare le sue due ultime fatiche letterarie: un volume di studi uscito nel 2015, dal titolo suggestivo Il Mistero Stendhal e, già terminato nel suo computer al momento della morte, un nuovo volume su Baudelaire, dal titolo ancora più suggestivo Fiori d’arte dall’abisso.
Questo lavoro, che uscirà a cura del figlio Giulio in occasione del primo anniversario della morte (che coincide col 150° anniversario della morte di Baudelaire), sarà presentato alla Fondazione Primoli il 16 novembre prossimo (Valerio Magrelli, Luca Pietromarchi, Sandra Teroni).
Il volume comprenderà, in appendice, la bibliografia degli scritti di Massimo Colesanti a partire dal 1995. Quella dei suoi primi quarant’anni di vita scientifica è invece stata riunita, a cura degli allievi, nel 1996, nel volume di studi in suo onore Aspetti del romanzo francese (pubblicato da Bulzoni).
L’insieme della bibliografia può dare un’idea della sua curiosità scientifica, supportata da una capacità di lavoro straordinaria: al di là dei prediletti francesi dell’Ottocento amava spaziare in altre epoche e in altre culture: si è occupato di autori italiani come Belli e Sciascia (un volume su Belli è del 2010), della generazione della “Cultura” (De Lollis, Trompeo, Benedetto, Macchia), di alcune figure minori del mondo colto parigino e romano tra Ottocento e Novecento.
E, per tornare alla letteratura francese, ricordo bene i suoi corsi universitari su Racine o su alcuni romanzieri del Novecento; basta d’altronde percorrere rapidamente la sua bibliografia per trovare studi su autori di vari secoli: da un’edizione di testi scelti di Boileau a una cura di Zadig, a un’altra del viaggio in Italia di Montesquieu , fino ai quattro volumi I contemporanei della letteratura francese diretti con Luigi de Nardis (per l’editore Lucarini). Per non parlare dell’importante contributo dato ai due ultimi volumi della Letteratura francese diretta da Giovanni Macchia (Accademia, poi Rizzoli), manuale che per decenni è stato utilizzato da generazioni di studenti universitari in tutta Italia.
Nell’insieme della produzione scientifica di Massimo Colesanti si rivela costantemente il suo “metodo”: attenzione al contesto storico e culturale, controllo puntuale delle fonti, rigore filologico, scrupoloso rispetto del testo; metodo che non escludeva tuttavia una passione coinvolgente per la letteratura, che ha trasmesso ai suoi numerosi allievi.
Il suo importante contributo agli studi francesi in Italia non si limita tuttavia all’attività di docente e di studioso; egli è stato anche un infaticabile animatore di iniziative culturali. Tra tante non si possono dimenticare due importanti convegni stendhaliani che si distinguono per l’apertura internazionale e interdisciplinare (Stendhal, Roma e l’Italia nel 1983 e Arrigo Beyle romano nel 2002 ; gli atti sono stati pubblicati rispettivamente nel 1985 e nel 2004 presso le Edizioni di Storia e Letteratura); ma soprattutto Massimo Colesanti ha dimostrato la sua tenacia e le sue instancabili capacità di organizzatore scientifico ed editoriale in imprese di più lungo respiro: la rivista “micromégas” che ha fondato e diretto per un quarto di secolo (1974-2000), accogliendo, accanto ad autorevoli studiosi italiani e stranieri, anche i contributi di giovani promesse, che potevano beneficiare di uno spazio riservato; e la prestigiosa collana della Fondazione Primoli, i « Quaderni di cultura francese » (Edizioni di Storia e Letteratura) che ha diretto, con lungimiranza di scelte e con l’attenzione puntigliosa che gli era propria, fino agli ultimi giorni di vita. L’ultimo «Quaderno», sarà appunto quello su Baudelaire di cui abbiamo parlato prima.
Non vorrei tralasciare i numerosi e considerevoli incarichi istituzionali nei quali Massimo Colesanti ha profuso generosamente le sue competenze e le sue inesauribili energie: presidente della SUSLLF (Società Universitaria di Studi di Lingua e Letteratura Francese, 1983-1986), socio fondatore del Seminario di Filologia Francese (1991), socio ordinario dell’Istituto di Studi Romani (1992), per non citarne che alcuni.
Dal 1990 è stato presidente della Fondazione Primoli che ha restaurato, valorizzato e animato con molteplici iniziative, rendendo viva e fruibile la preziosa biblioteca che contiene una bella collezione di opere del XIX secolo e un fondo di libri appartenuti a Stendhal, in parte annotati. Varie mostre, da lui volute e organizzate, hanno anche permesso di far conoscere la ricchezza del fondo fotografico, degli archivi Primoli e Trompeo, della collezione di kakemono autografati.
Alcuni cicli di conferenze di notevole interesse hanno riunito alla Primoli specialisti italiani e stranieri intorno a temi quali un sonetto di Baudelaire (2006-2007), un verso di Racine (2010-2011), un personaggio di Flaubert (2016-2017); egli stesso ha suggerito il tema di questo ciclo, nel maggio 2016, in occasione dell’ultima riunione del comitato scientifico della Fondazione a cui ha potuto partecipare. Purtroppo non è riuscito ad assistere a nessuna delle conferenze, pur seguendone fino in fondo la preparazione e lo svolgimento.
La presidenza della Fondazione Primoli, di cui era e rimane il genius loci, gli ha permesso di continuare, attraverso molteplici iniziative, la sua attività di formazione e di valorizzazione dei suoi allievi; di tutti ha seguito con sollecitudine la carriera, dimostrando sempre generosità e interesse verso ognuno e facendo sì che fossero mantenuti i rapporti tra le prime e le ultime generazioni. Di questa sua preoccupazione costante e della profonda umanità che temperava alcuni lati più “energici” del suo carattere, si sente profondamente la mancanza.
Letizia Norci Cagiano