Susi Petri

Susi Pietri se ne è andata il 6 febbraio 2018 dopo una breve, crudele malattia affrontata con grandissima forza d’animo, ma che non le ha lasciato scampo e l’ha portata via nel giro di pochi mesi.

Laureatasi a Bologna, fin dalla tesi di laurea in Poetica e retorica aveva orientato i suoi studi su Balzac, cui aveva successivamente dedicato anche il mémoire di Dea successivamente pubblicato con il titolo La Vénus en flamme. Don et échange de la forme dans “Le Chef-d’oeuvre inconnu” . In questo libro dedicato a un testo di culto della riflessione estetica sull’arte e sull’opera letteraria, l’analisi genetica delle sei versioni del racconto scritte da Balzac dal 1831 al 1847 si coniugava con gli studi antropologici dedicati al dono, e mostrava come l’orchestrazione tematica vi corrispondesse alla genesi di una forma inconclusa e potenzialmente infinita. Questa attenzione agli aspetti formali dell’opera balzachiana è anche il fondamento della sua monumentale thèse de doctorat, intrapresa sotto la guida di Mario Lavagetto e Jacques Neefs, dal titolo Histoires de lecture: les écrivains lecteurs de la Comédie Humaine. Un lavoro di più di millequattrocento pagine, di cui finora sono state pubblicate solo alcune parti; non si tratta di uno studio dedicato soltanto alla ricezione critica dell’opera di Balzac, ma piuttosto di una dimostrazione di come gli scrittori-lettori di Balzac abbiano trovato nell’opera del grande romanziere un nutrimento per le loro creazioni, o abbiano chiarito la loro stessa idea di letteratura attraverso la Comédie Humaine. Un approccio critico originale che inaugurava una storia letteraria costruita sulle visioni peculiari che i creatori si formano di un’opera accanto alla quale cercano, in accordo o disaccordo, di trovare il loro spazio letterario. La tesi fu discussa alla Sorbona nel 2007, e uno dei membri del jury, Roland Chollet, la definì “une des œuvres les plus remarquables qu’on ait consacrées à Balzac au cours des cinquante dernières années, en comptant peut-être sur les doigts d’une seule main”. Escono dall’alveo di questo lavoro i volumi L’invention de Balzac. Lectures européennes, (Presses Universitaires de Vincennes, 2004) La terra promessa del racconto. Stevenson legge Balzac (Mup, 2009) e L’opera inaugurale. Gli scrittori-lettori della Comédie Humaine I (Mimesis, 2009).

Dopo aver vissuto a Parigi negli anni di redazione della sua tesi, insegnando a Paris La Villette, era rientrata in Italia ed è allora che ho avuto il privilegio di conoscerla personalmente e diventarne amica. Cominciò ad insegnare a Macerata come professore a contratto nel 2011 suscitando unanime apprezzamento tra i colleghi di tutte le lingue e letterature straniere che ammiravano in lei la profonda conoscenza di autori come Wilde, James, Rilke e Hoffmanstal, e tanti altri che lei aveva studiato nel confronto con il suo Balzac. Dal 2015 fu chiamata come professore associato e avevamo festeggiato tutti insieme, nella primavera del 2018, la sua abilitazione alla prima fascia, giusto riconoscimento alle sue doti di studiosa raffinata e coltissima, ma anche alle capacità della docente capace di coniugare il rigore scientifico dell’insegnamento con
una grandissima carica umana. Mi aveva raccontato, commossa e divertita, dei messaggi costellati di cuoricini che le arrivavano dalle sue studentesse e studenti di Macerata che le sono stati vicini fino alla fine. Negli anni dell’insegnamento a Macerata era ritornata agli studi più direttamente incentrati sulla dimensione estetica e filosofica dell’opera di Balzac, con Miroirs concentriques. Teoria del romanzo e poetica dei piani dell’essere in Balzac (Mimesis, 2017) mentre continuava a costruire la sua storia della letteratura attraverso Balzac nel libro intervista Il fronteggiatore (Bompiani 2017) in cui il suo dialogo con Antonio Moresco svela la centralità dell’ispirazione balzachiana su uno dei più importanti autori italiani contemporanei. Negli ultimi anni, aveva anche intrapreso con Jacques Neefs un progetto di ricerca su Flaubert européen a cui aveva dedicato alcuni scritti.

Molti di voi hanno avuto l’occasione di conoscerla in occasione del convegno biennale della nostra Società, che nel 2016 era stato organizzato a Macerata, dedicato all’Architecture du texte, l’architecture dans le texte. Gli atti di questo convegno, che contengono un suo saggio e di cui ha scritto l’introduzione, sono l’ultimo volume di cui ha potuto seguire passo passo le varie fasi fino alla pubblicazione nella scorsa estate. L’Università di Macerata la ricorderà il 5 e 6 febbraio 2020 con un convegno internazionale ispirato alla sua metodologia di ricerca e che si intitola appunto Histoires de lecture/Storie di letture con Susi.

C’è un tratto del suo carattere in cui credo tutti coloro che l’hanno conosciuta la ritrovino ed è la generosità, Susi è stata una di quelle rare persone che mettono davanti a sé gli altri, e non per una forma di cortesia solo di facciata. Era generosa del suo tempo, e sempre pronta ad aiutare quando c’era bisogno, senza risparmiarsi, ma era anche generosa come studiosa, ed offriva spunti di ricerca, idee da sviluppare, progetti di studi che offrivano potenzialità di approfondimento a chi glieli chiedeva. Non era gelosa del “suo” Balzac, non conosceva quella forma di avarizia del pensiero dello studioso che vuole sfruttare in proprio il meglio delle sue scoperte. La sua ricerca appassionata era una forma di apertura agli altri che la faceva amare. Ma era anche molto discreta su se stessa e solo le grandi qualità formali della sua scrittura critica potevano far intravedere il suo dono creativo, che sviluppava nella poesia che pubblicava con lo pseudonimo di Susanna Rabitti. Vorrei leggervi per concludere l’ultima sua poesia, dettata pochi giorni prima di lasciarci, in cui sembra prendere congedo da noi con questa immagine di luci che a me ricorda un libro da lei molto amato di Antonio Moresco, La lucina, che è il legame tra la vita e la morte:
soave
una ruvida fuga
di luci sospese
senza fissarle,
noi le liberiamo
leggere

(Patrizia Oppici)