Stefano Agosti

Stefano Agosti (1930 - 2019).   

Commemorazione.   

Ci ha lasciato Stefano Agosti, dopo più di cinquant’anni di attività critica, di elaborazione teorica e  di decenni di insegnamento appassionato e appassionante. Ma ci ha lasciato anche una mole di  opere, di pensieri, di analisi compiute, catafratte avrebbe detto Lui, di spunti critici fecondi. Ci ha  lasciato un Magistero, eredità inestimabile e sempre più rara.  Vorrei qui ripercorrere con Voi inizialmente le tappe della sua carriera accademica; poi dare almeno  uno sguardo panoramico all’insieme della sua opera e dei suoi momenti più salienti. Infine, e non  mi è certo meno gradito, vorrei rivolgere uno sguardo personalmente emozionato all’indietro, agli  anni del suo insegnamento veneziano. Perché, se molti hanno avuto e possono ancora avere la  fortuna di ricevere il magistero della sua parola scritta, solo alcuni, anche se non pochi, hanno avuto  la fortuna di ricevere il magistero della sua parola orale.  Perdonatemi se per far questo dovrò riproporre due paginette messe, su sua richiesta, come  prefazione al suo ultimo lascito di magistero cafoscarino, il volumetto Tre lezioni a Ca’ Foscari, del  2018.

CARRIERA ACCADEMICA  
Nato nel 1930 a Caprino Veronese, si è laureato in Lettere all’Università di Bologna (1954) con una  tesi sulle Operette morali di Leopardi (relatore Francesco Flora). Lettore di italiano per un biennio a  Grenoble, ha poi insegnato francese per alcuni anni nelle scuole secondarie italiane, cui ha fatto  seguito un periodo di attività editoriale a Milano presso la casa editrice Rizzoli.  Nel 1970 viene assunto in qualità di professore incaricato di Lingua e letteratura francese,  contemporaneamente, nelle Università di Bari e di Venezia, incarico che, dall’anno successivo,  decide di conservare solo per Venezia. Nel 1976 è nominato professore ordinario di Lingua e  letteratura francese, sempre presso l’Università di Venezia.  
A partire dallo stesso anno (1976), assume la Direzione dell’Istituto di Francese della Facoltà di  Lingue, direzione che mantiene per più di dieci anni. In questo periodo organizza incontri  internazionali e promuove svariate forme di attività culturali (seminari collettivi, dibattiti e  conferenze su specifiche tematiche e generi letterari, oltre che sugli apporti teorici di metodologie  critiche legate alle nuove scienze umane, quali psicanalisi, filosofia, etnologia, linguistica,  semiotica, ecc.). Intervengono in quell’ambito alcune tra le figure più rappresentative della cultura  francese e italiana contemporanee (poeti come Bonnefoy, Zanzotto e Jabès, romanzieri come Perec,  filosofi come Derrida, studiosi di letteratura, narratologia e semiotica come Rousset, Risset,  Kristeva, Corti, Garavini e molti altri).  
Stefano Agosti tiene conferenze, lezioni e seminari su invito di varie università e istituzioni culturali  italiane e straniere di primo piano: fra queste ultime, a Mosca, Kiev, Helsinki, Lisbona, Ginevra,  Berna, Losanna, Friburgo, e soprattutto a Parigi, in sedi prestigiose come l’École des Hautes Études  en Sciences Sociales, la Sorbona e il Collège de France.   

RICERCA  
Delineare l’insieme dell’attività critica di Stefano Agosti nello spazio ristretto di una  commemorazione è impresa ardua, se non impossibile. Del resto la conosciamo tutti: la sua opera è  da sempre davanti ai nostri occhi, a nutrire la nostra ricerca.
Dal canto mio, per quella parte del suo magistero a cui più specificamente ho cercato di ispirarmi,  vorrei chiamarlo, con una certa affettuosa invidia: le dernier des structuralistes heureux. Ma  naturalmente era, in misura non minore, anche altro.  Mi limiterò allora a poche righe sintetiche (che lui stesso approvava).  “Interessato alle dinamiche sottese alla creazione del testo, ha pubblicato numerosi volumi di saggi,  privilegiando un’esegesi psicanalitica, linguistico-strutturale e semiologica. I primi volumi, ovvero  Il cigno di Mallarmé (1969) e soprattutto Il testo poetico (1972), annunciano la nascita di uno  sguardo ermeneutico nuovo nel panorama della critica italiana. Infatti, se per un verso Agosti si rifà  ai modelli francesi allora recentissimi (Benveniste, Lacan, Foucault, Greimas e Derrida), per l’altro  verso, egli appare in Italia come un caso unico, legato soltanto al magistero di Gianfranco Contini.  Col passare degli anni e con lo sgranarsi delle numerose pubblicazioni, la sua pratica ermeneutica  non cessa di affinarsi e di approfondirsi: il testo è una realtà chiusa in sé stessa che l’interprete deve  aprire per decifrarne il linguaggio altro, abitato da un’alterità irriducibile rispetto al linguaggio  discorsivo. L’acribia con cui questo originale e inesausto sguardo ermeneutico approda, nella  produzione più recente, a una mozartiana “semplicità”, non ha tuttavia mai esaurito la vocazione  esegetica del professore. Se possibile, anzi, ha reso ancor più fervida e appassionata la sua attività di  docente: per trent’anni e oltre la sua voce magistrale ha risuonato nelle aule veneziane, in polemica  con qualsiasi insegnamento puramente manualistico o comunque scisso da una riflessione  consapevole e originale, per trent’anni e oltre gli allievi, sia pur inizialmente sconcertati dalla novità  percuotente di questo discorso, hanno poi risposto in pieno a tanta apertura d’orizzonte.”

 OPERE  
E’ autore di più di una trentina di volumi. Ventiquattro volumi su: Proust, Rimbaud, Baudelaire,  due su Flaubert e naturalmente Mallarmé, cui ha consacrato tre volumi e un quarto cui stava  lavorando. Innumerevoli i volumi in cui l’analisi testuale si alterna o si unisce alla riflessione  teorica. E poi i volumi su Petrarca, Zanzotto, Pasolini, Gadda.  Infine le curatele di edizioni di opere di Flaubert, Valéry, Saint-John Perse, René Char, A.J.  Greimas, J. Derrida, A. Zanzotto.    

L’INSEGNAMENTO   
Quelle grandi aule affollate di Ca’ Foscari (magari con affaccio sul Canal Grande), quelle aule ora  svanite, erano il luogo in cui noi, studenti neo-immatricolati nel 1971-1972, o appena più anziani  accademicamente l’anno successivo, ci recavamo con rispetto ma anche con curiosità eccitata, per  assistere, per partecipare alle lezioni di un giovane ma carismatico docente, solo da un anno a  Venezia.  
Partecipavamo, perché il docente ci interpellava: a volte direttamente come interlocutori in un  dialogo seducente ma che incuteva soggezione, a volte solo implicitamente, nei momenti in cui la  sua spiegazione si innalzava in modo per noi concettualmente nuovo e ardito, facendosi più ardua  da seguire.  
Assistevamo, perché eravamo anche spettatori consapevoli e affascinati di un rito che per noi, di  fresca provenienza liceale, si svolgeva in plaghe nuove, intellettualmente misteriose e impervie, ma  anche incantate. Perché, almeno per molti di noi, per la prima volta non eravamo più i destinatari di  un sapere collaudato e confezionato da trasmettere, bensì compagni di un viaggio cui Stefano  Agosti con la sua parola – la sua orazione in apparenza picciola, rispetto a quella palesemente  grande della pagina che avremmo incontrato in seguito – ci invitava, sollecitava e a cui, pur  timorosi, era per noi difficile resistere. Incontravamo una Parola di suggestione assoluta, ma anche  un Discorso nuovo, altro: era la scoperta di uno spazio alto e sconfinato, ma percorribile.  Lezioni da cui ci attendevamo sempre, incuriositi o ansiosi, qualche nuova scoperta, che a noi si  dava come un’epifania, officiata religiosamente, ma anche suscitata per magia, dalle parole che venivano dalla cattedra (raramente complemento di moto da luogo fu più appropriato, nelle aule  universitarie veneziane). E che ci vedeva, noi studenti, anche preoccupati di non saper rispondere e  corrispondere alle attese di chi, con la sua parola, nuovi mondi poteva, voleva aprirci.  Una parola che è, che era intimamente dialogica, capace di creare un dialogo a un solo termine, in  cui il locutore dialogava realmente con un interlocutore per lo più muto, sì, ma presente come  istanza attiva, di cui il docente si valeva come di una Musa. Ecco, l’uditore delle lezioni di Agosti  era ed è la sua Musa.  
Ora, a distanza di tanti anni, di diversi decenni, ma pur sempre qui, sotto il cielo di Ca’ Foscari, il  mio augurio, che è desiderio, è che davanti alle pagine di queste ultime, recenti lezioni veneziane di  Stefano Agosti qui trascritte, il lettore scopra o goda del fascino di una parola magistrale nel senso  più chiaro del termine. E che qualche altro lettore, che l’intende perché già l’ha provato, vi ritrovi,  con piacere, un sapore antico e felice, come di madeleine.   
Con lui scompare una delle ultime grandi figure della critica e teoria letteraria degli ultimi  cinquant’anni.   
INFINE, mi piacerebbe chiudere questo mio ricordo di allievo e amico con uno dei versi più celebri  del poeta, fra i tanti grandi che ha frequentato, da lui più amato.  Come riconoscimento e omaggio per ciò che è stato, che ci ha dato, lasciato e che, spero e credo,  resterà ormai per sempre sull’altra faccia complementare dell’attività poetica, quella della lettura  critica, come omaggio vorrei dire di Stefano Agosti quello che a pochi studiosi e critici è riservato:  « Tel qu’en Lui-même enfin l’éternité le change »   
GRAZIE.   
(Alessandro Costantini, Univ. Ca’ Foscari Venezia)


Bibliografia.  
Il Cigno di Mallarmé, Silva, 1969 (nuova edizione: Pratiche, 1994);; Il testo poetico,   Rizzoli,  1972; Tecniche della rappresentazione verbale in Flaubert;  Il Saggiatore,  1981; Cinque analisi,  Feltrnelli,  1982; Modelli psicoanalitici e teoria del testo, Feltrinelli, 1987; Enunciazione e racconto. Per una semiologia della voce narrativa,  Il Mulino,  1989; Il Fauno di Mallarmé,  Feltrinelli,  1991; Gli occhi le chiome. Per una lettura psicoanalitica del Canzoniere di Petrarca, Feltrinelli, 1993; Critica della testualità,  Il Mulino,  1994 (premio di Francesistica “Terme di Saint-Vincent” 1996); Poesia italiana contemporanea. Saggi e interventi, Bompiani, 1995; Realtà e metafora. Indagini sulla “Recherche”,  Feltrinelli,  1997; Lecture de “Prose pour des Esseintes” et de quelques autres poèmes de Mallarmé, Éditions Comp’Act, 1998 ; Forme del testo. Linguistica semiologia psicoanalisi, Cisalpino, 2004; La parola fuori di sé. Scritti su Pasolini, Manni, 2004; Il testo visivo. Forme e invenzioni della realtà da Cézanne a Morandi a Klee, Marinotti, 2006; Grammatica della poesia. Cinque studi, Guida, 2007; Il romanzo francese dell’Ottocento. Lingua forme genealogie,  Il Mulino; 2010 (Premio Francesco De Sanctis per la Critica letteraria); La frase, il racconto . Le sperimentazioni di Flaubert nei “Trois Contes”, Cafoscarina, 2013; Una lunga complicità : scritti su Andrea Zanzotto, Milano, Il saggiatore, 2015; Gadda, ossia Quando il linguaggio non va in vacanza : cinque studi, Milano : Il saggiatore, 2016; Rimbaud. Le vocali, la parola notturna, il Saggiatore, 2016; Tre lezioni a Ca’ Foscari, Venezia, Cafoscarina - Università Ca’ Foscari Venezia, 2018;  Baudelaire (dal fango all’oro), Saggiatore, 2019 e l’ultimo, Alfabeto della testualità, Aragno editore, 2019.
Ha curato le edizioni di opere di Flaubert, Valéry, Saint-John Perse, René Char, A.J. Greimas,  
J. Derrida, A. Zanzotto.    
Stava lavorando a un nuovo libro su Mallarmé.