Fin dal nostro primo incontro nell'inverno del 2003, Josiane ha destato in me un sentimento di ammirazione destinato a crescere nel corso del tempo. Ero stata invitata dal Rettore dell'università di Suor Orsola Benincasa, Francesco De Sanctis, a tenere un corso alla facoltà di lettere sui salotti francesi d'Antico Regime e fu Josiane a darmi il benvenuto a Santa Caterina da Siena. Di lei sapevo solo che era bretone, moglie di Roberto Esposito, un brillante filosofo napoletano, e che era autrice di testi di fonetica e di traduttologia adottati in molte università italiane. Non mi aspettavo però di trovarmi, nel cuore dei quartieri spagnoli, davanti a una madonna fiamminga che coniugava timidezza e riserbo a una cortesia squisita e a un rigore professionale di stampo calvinista. Anche Josiane era approdata da poco a Suor Orsola dalla Federico II e, unica titolare di una cattedra di francese, aveva il compito di riorganizzare ex novo l'insegnamento della disciplina in ottemperanza ai dettati della riforma universitaria, potendo contare inizialmente soltanto sull'aiuto di qualche lettore. In questa situazione di emergenza, dove nessuno assicurava l'insegnamento della letteratura, era evidente che i miei salotti rischiavano di fare il paio con le brioches di Maria Antonietta. Eppure, inappuntabile, Josiane si guardò bene dal lasciare trapelare la minima perplessità e trovò il tempo per mettersi a mia disposizione e rendere il mio soggiorno napoletano il più gradevole possibile. Dal canto mio, conquistata dalla mia ospite, dimenticai la conversazione à la française e mi offrii di coprire per quell'anno l'insegnamento della letteratura a studenti del vecchio e del nuovo ordinamento. Non sarebbe finita lì perché quando, del tutto inopinatamente, Josiane mi propose nel corso dell'autunno successivo di trasferirmi da Viterbo – dove insegnavo felicemente da vent'anni – a Napoli, altrettanto inopinatamente accettai. A pesare furono certamente le mie radici napoletane e gli antichi legami della mia famiglia con l'Istituto di Suor Orsola, ma a determinarmi fu l'ammirazione che provavo per Josiane e il piacere di lavorare con lei.
Completamente estranea alle strategie universitarie e alle scelte di campo, Josiane stava infatti costruendo, mattone su mattone, un dipartimento di francese modello, scegliendo i suoi collaboratori sulla base esclusiva delle loro capacità e delle loro competenze e dando a tutti il modo di riconoscersi in un progetto didattico di altissima qualità.
Dopo avermi dimostrato la sua stima, promuovendo con Preside e Rettore il mio trasferimento a Napoli, Josiane mi ha fatto il dono della sua amicizia, accogliendomi a casa sua e trattandomi come una persona di famiglia. Aveva conservato della nativa Bretagna un sentimento drammatico dell'esistenza e una inclinazione alla solitudine e al silenzio, ma Napoli le aveva insegnato a fare i conti con l'estroversione, la cordialità, l'allegria, sviluppando in lei un senso dell'umorismo a tutto campo. Se riservava ai figli l'indulgenza affettuosa di una madre mediterranea, preferiva mascherare con l'ironia l'ammirazione che portava al marito. Ma Roberto confermava prontamente la grande complicità che li legava, facendola a sua volta ridere con il suo tagliente umorismo di moralista scettico. Niente meglio della loro bella casa a via Santa Caterina rispecchiava la loro concordia discors. Le prime sale dagli antichi soffitti dipinti erano il regno di Josiane che li aveva arredati con sobria eleganza con la sua collezione di vetri e giocatoli, una grande casa di bambole in corso d'opera, le fodere bianche delle poltrone confezionate con del vecchio lino frutto di accanite ricerche. La sorpresa era tanto maggiore quando si arrivava allo studio di Roberto con le pareti ricoperte da scaffali dove piramidi di libri si tenevano miracolosamente in bilico in un disordine vertiginoso. Ma a fare da trait d'union tra i due mondi vi era la camera da pranzo dove ospitalità napoletana e ospitalità bretone facevano a gara nell' accogliere gli amici intorno ai leggendari spaghetti alle vongole della padrona di casa.
Gli anni felici non hanno storia e, abituati ad affidarci alla generosità e alla energia di Josiane, noi amici e colleghi abbiamo tardato ad accorgerci che lei stava prendendo progressivamente le distanze dal suo lavoro. Non si riconosceva più in un'università costretta ad adeguarsi alle richieste ministeriali e dove il rigore appariva ormai incompatibile con l'esigenza di limitare il numero degli studenti fuori corso e i programmi venivano sottoposti a continue cure dimagranti. Incapace di compromessi aveva dunque deciso di ritirarsi dall'insegnamento, anticipando il momento della pensione, e gli sforzi congiunti dell'intera facoltà non erano riusciti a farle cambiare idea. Ma probabilmente Josiane non si riconosceva più nemmeno in una Napoli che costringeva i giovani a cercare lavoro altrove, come era successo al figlio maggiore avvocato, partito per Milano, al figlio adottivo stabilitosi a Londra e alla figlia architetta trasferitasi a Berlino, mettendo fine a una vita familiare strettamente coesa di cui era stata il cuore. E con la morte della sorella e la malattia della madre anche la sua mitica Bretagna era diventata una fonte di profonda malinconia. Eppure, anche quando Josiane ci ha lasciato definitivamente, a Santa Caterina non abbiamo mai smesso di pensare a lei come una presenza viva, una figura luminosa di cui continuare il lavoro con riconoscenza e ammirazione. D'altronde, Alvio Patierno – che le è succeduto nella direzione della cattedra di francese – e i collaboratori che Josiane aveva scelto uno ad uno, hanno continuato a dispensare un insegnamento della lingua francese nel solco da lei tracciato, basato sulla preminenza della produzione orale in lingua e sulla sensibilità bermaniana dell’attività traduttologica, in perfetta sintonia con i principi cardini del suo magistero. Infine, il Dipartimento di Scienze umane dell’Ateneo Suor Orsola sta istituendo una borsa di studio per gli studenti in mobilità Erasmus verso la Francia in ricordo del suo impegno profuso in questo campo.
In attesa della pubblicazione a cura di Alvio Patierno e Maria Rosaria Compagnone della raccolta dei saggi critici consacrati all'opera di studiosa di Josiane da alcuni tra i maggiori specialisti della sua disciplina, vorrei ricordare qui i momenti essenziali del suo percorso accademico.
È arrivata a Napoli giovanissima, da Brest, dove era nata nel 1953. Da subito si è dedicata all’insegnamento della lingua francese, dapprima come Lettrice all’Istituto Universitario Orientale, poi come Ricercatrice all’Università Federico II, e infine è approdata nel 2001, in qualità di Professore associato di Lingua francese presso l’Università Suor Orsola Benincasa, e come Professore Ordinario nel 2008. Ha diretto la cattedra di Lingua Francese dal 2001 al 2015, anno del suo pensionamento. Apprezzata per il suo impegno sul versante di una didattica sempre innovativa, era giunta negli ultimi anni all’elaborazione di una pedagogia dell’apprendimento delle lingue straniere per l’infanzia introdotta in forma sperimentale e per la lingua inglese con eccellenti risultati alla scuola materna della Fondazione Suor Orso
La sua ricerca si è focalizzata in un primo periodo in ambito fonetico con la pubblicazione di un manuale, in collaborazione con Maria Rosaria Ansalone, La pronuncia del francese: capire, parlare, leggere (Liguori, 1981) e soprattutto traduttologico. Molto noto il suo manuale, La Pratica della traduzione (Liguori, 1993), il volume presenta una descrizione articolata della prassi traduttiva sul duplice piano storico-metodologico e analitico-pragmatico su cui si sono formati studenti di numerose università italiane ; ha successivamente approfondito la ricerca traduttologica con alcuni studi di notevole interesse senza tuttavia mai abbandonare la sua passione per il campo glottodidattico: Nomi in azioni (Liguori, 1999), in cui viene affrontato il problema della traduzione del nome proprio a partire da un vasto corpus letterario dell’Otto e del Novecento e paraletterario (fumetti, libri per l’infanzia) ; L’œil écoute. Méthode de prononciation du français (Liguori, 2005), volume di fonologia della lingua francese per italofoni, ispanofoni e anglofoni nel quale si dimostra come l’apprendimento della lingua è legato alla rappresentazione ortografica e secondo quali strategie è possibile rieducare l’orecchio alla percezione di nuovi suoni per impostare una diversa relazione tra grafemi e fonemi ; Jeux de traduction/Giochi di traduzione (Liguori, 2008), volume nel quale affronta in maniera organica i saperi raccolti sotto la denominazione “traduttologia” servendosi di un ampio repertorio di testi di vario genere per definire concetti basilari come testo-fonte e testo di arrivo, contesto e co-testo, traduzione pedagogica e traduzione professionale ; Tradurre il fumetto/Traduire la bande dessinée (Liguori, 2012), volume a cura di J. Podeur, che propone une serie di saggi sulla traduzione di un tipo di scrittura che fonda intimamente icone e testo di cui il traduttore deve garantire l’armonia del messaggio iconico-verbale ; Traduire le polar/Tradurre il racconto poliziesco, in collaborazione con A. Patierno, (Liguori, 2014), studio che nasce dal Seminario del “Gruppo di Ricerca in Traduttologia” del DoRif nel novembre 2013, e propone una riflessione di carattere traduttologico sui risvolti di tipo formale, contenutistico e dialettale del genere poliziesco attraverso una investigazione di autori moderni e contemporanei (Dumas, Simenon, Daeninckx). Josiane Podeur ha diretto la collana “Traduttologia” presso le edizioni Liguori (Napoli).
Il suo ultimo progetto scientifico era quello di ultimare la trilogia sulla traduzione dei generi con un volume sulla traduzione della canzone.
(Alvio Patierno per la descrizione della produzione scientifica)
Benedetta Craveri