In Memoriam Anna Zoppellari (1959-2021)
Lo scorso 4 febbraio è mancata all'improvviso Anna Zoppellari, lasciandoci smarriti ed affranti.
Se dovessi riassumere in una sola le tantissime sfaccettature del percorso scientifico della nostra collega e amica, direi che Anna era una raffinatissima e appassionata studiosa di Jean Pélégri, dei suoi romanzi rudi e teneri, della poesia roca del paesaggio algerino che questo scrittore-filosofo-scenarista fa risuonare nei labirinti narrativi e psicologici della sua scrittura. E del suo Maboul - letteralmente "l'homme dont l'esprit se promène" -, Anna sembrava ai miei occhi in qualche modo interpretarne lo spirito, il pacato distacco dalla pesantezza delle cose, il coraggio del pensiero libero e la sorridente saggezza di chi spesso pare intuire, catturare, l'arcano mistero della vita.
A Jean Pélégri Anna dedica la sua tesi di Dottorato, conseguita all'Università degli studi di Milano nel 1992: «L'evento e la narrazione. Un approccio all'opera letteraria di Jean Pélégri» e una serie di studi penetranti e innovativi la consacrano poi a livello internazionale come conoscitrice profonda ed elegante di questo Pied-Noir rivoluzionario.
Nel 1986 si era laureata a Padova in Lingue e Letterature straniere discutendo la tesi «L'Immortelle d'Alain Robbe-Grillet. Problématiques narratives à travers la lecture d'un texte filmique»: un altro grande interesse, quello per il cinema, era affiorato presto nella giovane studiosa che avrebbe negli anni immediatamente successivi (1986-1991) frequentato presso l'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi i seminari di Théorie du film del Prof. Christian Metz.
É poi l'Università di Trieste ad accoglierla, prima come ricercatrice (1997), poi come Professore Associato (2014), in questa «ville frontalière» o, meglio, «transfrontalière», come Anna intitola un suo editoriale (Trieste, une ville frontalière, in Trans. Revue de Littérature générale et comparée, Université Paris III, 2017) che quasi metonimicamente ne riassume l'itinerario speculativo e di studio: dialogico, esplorativo e decentrato, in continua trasformazione e sempre alla ricerca di nuove prospettive. Intensa la sua attività istituzionale in questa amata Università. Anna aveva il dono di saper guardare alle tensioni e ai piccoli crucci quotidiani e umani con sguardo sereno, mentre la sua imprevedibile e sorniona ironia li svelava nella loro inconsistenza. Nello stesso tempo, un'affabile caparbietà la portava ad essere puntualmente efficace ed efficiente. Ecco allora l'ottima conduzione delle sue numerose responsabilità, istituzionali e scientifiche: membro del Collegio di dottorato in Scienze umanistiche di Bologna (2009-2013), membro del Collegio di dottorato in Studi linguistici e letterari dell'Università di Trieste (dal 2013), coordinatrice del Corso di Studi di Lingue e Letterature straniere (2014-2017), oltre che, da poco più di un anno, Delegata alla Ricerca e membro del Collegio di Disciplina dell'Università di Trieste. Rappresentante per la sua Università del Centro interuniversitario di Studi Quebbechesi (CISQ), supervisore di diverse tesi di dottorato, faceva parte del comitato scientifico di importanti riviste come Expressions maghrébines, Il Tolomeo, «Interfrancophonies, oltre ad essere direttore editoriale di Prospero rivista della sua Università.
L'internazionalità è senz'altro un carattere peculiare dell'amata Professoressa: ideatrice e organizzatrice di vari tipi di tirocini per studenti (presso la Biblioteca francofona multimediale di Limoges per la collaborazione all'edizione critica delle opere di Emmanuel Roblès, presso l'Università di Lione per la collaborazione alla raccolta dati bibliografici con il prof. Charles Bonn), vice-presidente CICLIM (Coordination internationale des chercheurs sur les littératures du Maghreb), aveva avviato, pochi mesi prima della sua scomparsa, un accordo di cooperazione con l'Università Saint Joseph di Beyrouth.
Una trama liquida fra letterature, culture, continenti costruisce l'originale e affascinante itinerario di studi di Anna, interprete orgogliosa della complessità, della mutevolezza e della pluralità dei nostri tempi. Fouad Laouri, Mahi Binebine, Abdelkader Djemaï, Yasmine Traboulsi, Driss Chraibi, Habib Tengour, oltre al già citato Jean Pélégri: Anna percorre, investiga, approfondisce grandi interrogativi esistenziali, fra problematiche identitarie e smarrimenti, marginalità, alterità e devianza, immergendosi in queste letture e offrendoci la sua riflessione critica. E poi, ancora, Malika Mokaddem, Tahar Bekri, Abdelwahab Meddeb: di questi scrittori o poeti conosceva l'opera e la persona, in un sodalizio amicale che illuminava la sua scrittura. Di Meddeb, in particolare, dall'incontro ai tempi degli studi patavini fino agli entretiens degli ultimi anni di vita dello scrittore, Anna non cessa di interessarsi, affascinata dall'intensità lirica di una scrittura dalle molteplici stratificazioni culturali, mistica ed erotica, contemporanea ed arcaica ad un tempo (come testimonia tutta una serie di studi, dall'articolo "Le sentiment du sublime dans l'oeuvre d'Abdelwahad Meddeb", in Francophonie plurielle, 1993, alla cura e traduzione di Abdelwahad Meddeb, Poema di un sufi senza Dio. Sulla tomba d'Ibn Arabi (Aprilia, Ortica editrice, 2012).
Parodia, pastiche, giochi intertestuali: figure e strategie discorsive cui la nostra amata studiosa ha dedicato molte sue esplorazioni linguistiche, che la sua acribia critica trasformava in puntuali strumenti di analisi. Perché il ricco corpus della sua ricerca è in buona parte rappresentato da questa giovane letteratura, la letteratura magrebina d'espressione francese per l'appunto, impregnata di valori d'avanguardia, spesso sperimentalista e di rottura, alla ricerca di rinnovamento e di nuove forme. Talora ai limiti della comunicazione per il ricorso all'allusione, alla dismisura, all'ibridità dei generi, alla polifonia delle enunciazioni, richiede al suo interprete un affinato sguardo ermeneutico. É intorno a questi temi, in occasione di un convegno su di uno degli scrittori più rappresentativi di questo impegno e di questa modernità esplosiva, Khaire-Eddine, che, nel 1996 a Marrakech, avvenne il mio primo incontro con Anna che, nella sua bella comunicazione sulla «dynamique de l'espace», percorse con ammirevole rigore semiotico l'articolata produzione letteraria dello scrittore ribelle ed errante.
La letteratura francofona è per sua definizione espressione di una lingua e di uno spazio deterritorializzato: un buon numero di saggi di Anna contiene e sviluppa un'attenta riflessione sulla problematica dello spazio ("Symbolique des espaces urbains chez Khatibi", in Interculturel Francophonies, 2018, "Une approche au motif urbain dans l'oeuvre d'Abdelwahab Meddeb", in Il Tolomeo, 2017) fino al numero monografico che Anna stava curando per la rivista Interfrancophonies su La ville au Maghreb e che presto uscirà, parlandoci di Anna, forse più forte di prima.
Nel suo animo curioso e libero, pregno di sogni e di visioni, Anna è fondamentalmente un'artista; un'artista che sa coniugare incanti e meraviglie con il rigore e il metodo del suo scrupoloso e amatissimo lavoro scientifico. «La parola non è mai esclusivamente lineare, ma parte di una 'grande architettura' e di una densità polverosa che sono l'appunto l'origine del fascino di una visione», scrive Anna nel bellissimo saggio "Il piacere della visione. Lettura dell'Embarquement de la reine de Saba di M. Butor" (in Le due sponde del Mediterraneo. L'immagine riflessa, Trieste, 1999) che ho avuto il piacere di ripercorrere in questi giorni. In un ut pictura poesis perfettamente in linea con la sua sensibilità, Anna ha sviluppato parte della sua ricerca nello studio del rapporto fra la letteratura e le arti visive, come documenta la sua formazione anche sulla Teoria del film e alcune pubblicazioni in merito (fra le altre, Écrire le cinéma. Le ciné-roman selon Robbe-Grillet, Paris, Hermann, 2012). Ma Anna dialogava quotidianamente anche con l'arte della pittura, quella del marito Vanni, per il quale, come egli dice, era il giudice più curioso e originale, più complice e più severo nello stesso tempo.
Per quella che doveva essere la loro ultima mostra, a Trieste, organizzata anche nella parte progettuale completamente da Anna e particolarmente arricchita nel suo finissage, sempre grazie a lei, dall'intervento di poeti veneti, triestini e sloveni, la nostra cara amica e collega aveva scelto il titolo "Tracce d'assenza". Titolo che è un'ossimorica, stridente sintesi di quello che ora noi viviamo: la tua mancanza, Anna, ma una mancanza che, costellata da così tanti segni della tua presenza, non fa che esaltare la forza e la bellezza della tua imperitura viva realtà, accanto a tutti noi.
Francesca Todesco (Università di Udine)
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“Chissà se oggi saremo all’altezza…” Riflessione estemporanea ad alta voce, seguita da un sospiro leggero ma trepidante, pochi minuti prima di iniziare insieme l’ennesimo appello dell’esame orale di letteratura francese. Tanti sono gli aspetti di Anna che mi rimarranno per sempre impressi, ma se dovessi spiegare, da collaboratrice, quale ho avuto la fortuna di essere per alcuni anni all’università di Trieste, il rapporto didattico tra Anna e i suoi studenti, non potrei prescindere da quella riflessione sospesa a mezz’aria. Perché la fraintesi.
Abituata com’ero ad ascoltare la voce dal timbro così caratteristico di Anna, mentre con la sua melodia peculiare in contrasto ossimorico con il tono asciutto, rimarcava in modo oltremodo fermo e composto agli studenti non adeguatamente preparati quali fossero le lacune da colmare, diedi per scontato che quel “saremo”, prima persona plurale, fosse da attribuire all’insieme degli iscritti all’esame che pazientemente attendeva fuori del suo studio. Per cui, per non lasciar cadere nel vuoto l’esternazione di Anna, mi sentii in dovere di raccoglierla e di rilanciarla, e mi uscì un ingenuo: “Se oggi saranno all’altezza? Perché? Hai l’impressione che a questo appello si presentino quelli meno preparati? ...” e avrei continuato, ma Anna mi corresse illico et immediate. “Non loro, ma noi! ...Io!!!” E anticipò il mio sguardo interrogativo e al contempo sperso, di chi si rende conto che avrebbe sortito un’impressione migliore se avesse abbozzato un commento sulle previsioni del tempo, precisando: “Se IO sarò all’altezza. Se saprò davvero essere in ascolto degli studenti. Ogni volta è come la prima volta. Sarò in grado di non proiettare su di loro il mio punto di vista? Sarò in grado di essere imparziale?” E aggiunse, a mio favore, che proprio il fatto di essere un professore universitario che da anni esaminava e giudicava l’operato dei suoi studenti era motivo a suo dire un incremento di rischio. Rischio di supporre di conoscere la relazione didattica, di saperla gestire. Rischio che i due interlocutori non si chiedessero entrambi: “sarò all’altezza di questo dialogo?” Per Anna era fondamentale coltivare il dubbio, ricordarsi di mettersi in discussione e in ascolto, temere di non esserlo abbastanza. Questo il dovere di chi insegna. Per Anna, la passione per la ricerca non poteva prescindere dal rispetto per il delicatissimo compito della docenza.
Fulvia Ardenghi (Università Ca' Foscari Venezia)
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Cara Anna,
è passato così tanto tempo da quando ci siamo conosciuti, incontrati per la prima volta, quasi trent'anni fa (ti ricordi? era proprio a un Convegno SUSLLF, a Ferrara, nel 1994...) ... ed è passato così poco tempo, quasi un solo istante, da quando te ne sei andata: dove non so, ma non troppo lontano, credo.
Mi avevi dato da leggere, a me, neo-ricercatore, un tuo articolo che volevi pubblicare, tu, giovane studiosa in attesa di fare il tuo ingresso stabile nell'Università, anche tu come ricercatrice...
In seguito, di quell'articolo abbiamo parlato, discusso oserei dire accanitamente, perché tu accettavi le critiche che ti parevano fondate, ma combattevi fino allo stremo per le altre, che non ti sembravano così indiscutibili. E abbiamo continuato a discutere per quasi trent'anni, certo, ma soprattutto a parlare, in amicizia. E se inizialmente a volte eravamo abbastanza in disaccordo, finivamo poi per trovare il punto di equilibrio, con reciproco beneficio.
E ce ne sono state di occasioni, in quasi trent'anni, di discussioni... Nel lavoro nelle riviste che abbiamo condiviso, innanzitutto, fino a pochi mesi fa.
Il Tolomeo di Ca' Foscari prima, per più di dieci anni, e subito dopo Interfrancophonies, a Bologna.
In entrambe le riviste hai portato le tue riflessioni, le tue acute osservazioni sui tuoi amati testi francofoni del Maghreb, facendoci beneficiare tutti della tua grande conoscenza ed esperienza di quei testi e di quegli autori.
E soprattutto a Bologna ci siamo visti, incontrati. Certo, tu sei venuta spesso a Venezia a parlare all'interno dei miei corsi, come io sono venuto a parlare all'interno dei tuoi, a Trieste. E anche in quei casi, come sempre a Bologna per le nostre riunioni, era un'occasione per vivere l'amicizia: parlare di tutto, di noi, di quanto ci stava a cuore. Che speranze, che cori, Anna...! ma non smentiti, anzi confermati dal lavoro e dalla comune passione, per la ricerca, per l'insegnamento.
Sic transit gloria universitatis: non certo nel tuo caso, che hai portato avanti in Italia e dall'Italia, con profonda competenza e con grande passione, gli studi sulle tue amatissime letterature francofone del Maghreb.
Mektoub, Anna! Sii sempre con noi...
Alessandro Costantini (Università Ca' Foscari Venezia)